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Giovanna Castiglioni, una donna di Design







































Giovanna Castiglioni
e la lampada Giovi
 
di Andrea Vittoria Giovannini
 
Si è tenuto ieri uno degli eventi, a mio avviso, più importanti dei Brera Design Days, Donne di Design: una tavola rotonda nata dal reportage di Ilaria DeFilippo (disponibile in e-book) che ha riunito Nadia Vigo, Dorit Sapper, Adele Cassina, Rossana Orlandi, Paola Jannelli, Paola Albini, Francesca Molteni e Giovanna Castiglioni in un confronto unico per far luce su fatti e persone legate alla nascita e l’evoluzione del design raccontata attraverso l’esperienza di chi ha conosciuto da vicino i maestri del pensiero che hanno forgiato oggetti senza tempo. Il tutto, ovviamente, condito da un’acutissima autoironia comune a chi, quei maestri li ha avuti letteralmente in casa.
 
Arrivo con un buon quarto d’ora di anticipo alla Microsoft House che per questa edizione è diventata il quartier generale della settimana autunnale del design ospitando tutti i talk più importanti. Ricordo che quando comprai il mio primo pezzo importante di Design scelsi parentesi, un progetto vincitore di un compasso d’oro frutto proprio della mente di Castiglioni, sono quindi sinceramente emozionata nell’incontrare la figlia di colui che così tanto ho apprezzato e ammirato nell’arco degli anni.
 
Sono già al primo piano quando la vedo salire dall’iconica scala a chiocciola che attraversa il palazzo disegnato da Herzog & De Meuron, la riconosco immediatamente, ci stringiamo la mano e mi chiede subito se possiamo darci del tu. Ci mancherebbe! Ci intrufoliamo in un piccolo ufficio per guadagnare una parvenza di privacy dal brusio di stampa e fotografi (in realtà tutte le pareti sono in cristallo!), raggiunto il nostro piccolo salotto mi confida di non essere abituata a fare interviste. Giovanna Castiglioni, laureata in geologia, è la più piccola dei figli di Achille e ricopre il ruolo di vicedirettore della Fondazione a lui dedicata visitabile al 27 di Piazza Castello; è una donna pratica divertente e decisa, una di quelle a cui, se chiedi un consiglio, ti guarda dritto negli occhi e ti dice la verità. Tutta la verità. Non potevo sperare di meglio!
 
Cosa significa per te la parola design? “Design è una bella parola complicata perché tutti i giorni cambia a seconda di quello che succede nel mondo, mi piacerebbe rispondere con una frase di Gillo Dorfles di un po’ di anni fa per cui il design è tutto tranne quello che dovrebbe essere. Mi sembra azzeccatissima in un periodo come questo in cui tutto è in evoluzione, ma se dovesi rispondere alla Castiglioni ti direi: è funzione più che forma”.
 
Oggi si riflette molto sul rapporto uomo e tecnologia, qual è il punto di equilibrio di questo binomio? “Siamo in una società talmente veloce e rapida che se non stiamo al passo l’uomo soccombe e allo stesso tempo la tecnologia sta facendo soccombere gli uomini perché ci sta fagocitando in tutte le cose e ci chiede di essere troppo veloci, forse avremmo solo bisogno di fermarci un attimo, toccare meno il cellulare, rilassarci un po’ e dire delle cose sensate e, si spera, intelligenti (ride).”
 
Qual è il tuo luogo preferito? “Il mio luogo preferito è il mare. Io sono geologa quindi sono cresciuta nella parte scientifica di questa facoltà fantastica, poi mi sono riportata nel design con il tempo. Nella prima parte della mia vita la casa era gioco e papà era gioco costante, quindi casa è un posto che amo particolarmente dove ho continuato a giocare fino a quando avevo 30 anni, nello stesso tempo il mare è il posto in cui riesco a estraniarmi da tecnologia e design, dove non vedo per forza lampade e cose del mio papà in giro (ride)! Siamo sicuri che non ha progettato nulla per il mare e li, per un attimo, sono da sola!”

Hai un capo di abbigliamento a cui sei affezionata? “Sono affezionata ad un cappello. È un progetto che mio papà ha realizzato per Borsalino negli anni 80 e per realizzarlo è andato a rubare sei forme da budino dalle amiche della mamma, non glie le ha più ridate ovviamente sono tutte in studio Castiglioni! La cosa bella è che lui è riuscito a trasformare una forma classica di budino in rame in un cappello, quindi lì ha avuto l’unico momento in cui si è avvicinato alla moda con un’ironia straordinaria. In quell’occasione immagina che c’erano raccolti molti altri come Gae Aulenti, Magistretti, Sottsass…”
 
La lampada Giovi, a te dedicata, mette di buon umore: è questo uno dei messaggi che il buon design dovrebbe suggerire ancora oggi? “Si, il design non deve far ridere ma deve far sorridere, hai perfettamente ragione. La Giovi è sicuramente una lampada sorridente e in generale il buon design deve anche stupire mettendo positività nelle cose sorprendendo tutte le volte, che sia per la comodità o per la bellezza di una luce. Papà diceva che gli oggetti devono fare compagnia e sicuramente un oggetto deve farti star bene.”
 
Se tuo papà non fosse stato Achille, saresti diventata Architetto, dato che il test di ammissione lo hai comunque passato, o saresti rimasta a Geologia? “Beh, mi ha fregato mio marito! Ci siamo conosciuti in facoltà, e fra le due ho deciso di rimanere fedele alla geologia, forse perché la geologia è terra e l’Architetto progetta dalla terra in su mentre io volevo capire cosa ci fosse dalla terra in giù quindi probabilmente non sarei mai diventata architetto, troppo difficile anche essendo la figlia di…insomma bisogna prenderla un po’ sul ridere!”
 
Ho letto che sogni di far visitare la casa di famiglia. È un progetto ancora vivo? “Lo stiamo realizzando ed è un lavoro molto lungo perché è una casa complessa da riorganizzare dove hanno vissuto i miei genitori dagli anni 70 fino ad oggi, va risistemata perché entrerò a viverci in pianta stabile quindi va tolto quel sapore storico che a me darebbe molta malinconia e nello stesso tempo devo mantenere tutti gli oggetti che c’erano. Devo trovare il giusto equilibrio per creare una casa visitabile come se fosse un museo come abbiamo fatto con lo studio di papà (oggi Fondazione Achille Castiglioni ndr), e nello stesso tempo riuscire a renderla ospitale…(sospira) non sarà facilissimo però è una sfida su cui sto lavorando come una lima, come mio solito, spero sia pronta entro l’anno prossimo.”
 
Allora verremo a trovarti! “Si, vi aspetto!”


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