di
Andrea Vittoria Giovannini
Arrivando in treno da Milano a Roma ci si riversa a raggiera nelle vie dalla capitale con obiettivi e interessi diversi, il mio invece mi porta a fermarmi molto vicino alla stazione Termini, anzi, effettivamente non ne sono proprio uscita. Per incontrare Oliver Glowig, infatti, sono tornata al Mercato Centrale di Roma, che occupa la luminosa sala K affacciata su via Giolitti, e che da mesi ha reso effervescente quest’angolo di Esquilino.
Oliver è uno Chef di origini tedesche che in Italia è partito da Capri dove dice di aver conosciuto la vera cucina Italiana crescendo professionalmente e, nel ricercare sapori autentici e ingredienti genuini, ha trovato anche moglie. Vive e lavora ormai da sette anni a Roma e ha firmato i piatti nelle cucine di alberghi prestigiosi come L’Aldovrandi, giusto per citarne uno.
Qui, al primo piano del Mercato Centrale, il suo ristorante è letteralmente sospeso sopra il fiume di gente che anima ogni giorno questo luogo dove incontrarsi per bere e degustare le proposte delle “botteghe” dei grandi nomi della gastronomia capitolina. Lo incontro proprio qui per bere un caffè e conoscere meglio quello che molti definiscono lo chef più schivo tra gli stellati.
Qual è la cosa che ancora oggi continua ad affascinarla della cucina? La cosa bella della cucina è che non finisce mai di incuriosirti. Si trovano sempre nuovi sapori e nuovi ingredienti. La cucina non si ferma e non è mai uguale, un po’ come la vita. Uno dei motivi per cui lo faccio è perché non è noioso, ogni giorno il lavoro è diverso, ci sono sempre clienti e gusti diversi. Così sono sempre in movimento.
Anche Roma esercita un fascino su di lei. Mi sono affezionato perché è un buon compromesso tra Milano e Napoli. Ho vissuto quasi dieci anni a capri, mi piace la mentalità Italina a partire da quella del sud e qui a Roma c’è un buon mix. È una città vivace e verde, con poco puoi arrivare ai castelli o in Umbria e fare passeggiate bellissime, poi c’è una gastronomia e una ristorazione dai gusti decisi che a me piacciono da sempre.
Molti dei suoi colleghi stellati avrebbero storto il naso nell’aprire un ristorante quí, lei invece si è buttato. La prima volta che ho visto il posto non ero così sicuro. Mi sono fatto convincere da diversi dettagli che mi hanno dato la garanzia che questo progetto può funzionare e ora ci credo profondamente. Uno dei motivi è sicuramente Umberto Montano, il proprietario del Mercato Centrale che ha messo insieme dei grandi nomi romani da Bonci a Galuzzi che io considero colleghi di alto livello, essere qui è si una sfida ma anche una garanzia.
Per bocca di molti lei è tra gli chef che meno amano mostrarsi ma in questo nuovo brunch della domenica c’è uno show cooking, come mai? Beh, show coocking forse è un po’ troppo. Sicuramente dei piatti saranno fatti espressi e dal vivo perché quello che non mi piace dei brunch è vedere le pietanze fredde e in disordine. Questo ristorante poi è un posto per famiglie e mi piace avere un pubblico giovane, siamo stati attenti anche ai costi e ragazzi fino a 10 anni riserviamo un prezzo speciale, anche io ho figli quindi mi piace che vengano al ristorante. I ragazzi sono il nostro pubblico di domani e bisogna nutrirli bene.
Ha cucinato ormai per moltissimi nomi celebri ma se le chiedessi per chi le piacerebbe portare un piatto in tavola, a chi penserebbe? Ho cucinato per tante persone ormai, ma se ci penso di sicuro David Bowie e gli avrei portato la mia cacio e pepe ai ricci di mare, un po’ funky come abbinamento. Credo gli sarebbe piaciuto.
Oggi si parla molto di cucina soprattutto in tv, ma secondo lei cosa fa davvero la differenza in cucina? La continuità e la qualità sono le cose più importanti. A me non piace fare la star, mi piace stare in cucina e fare il mio mestiere. Giorno dopo giorno bisogna mantenere lo stesso livello così i clienti sanno davvero cosa aspettarsi e dove trovarlo, magari migliorato. Non mi piacciono gli alti e i bassi, su questo sono rimasto molto tedesco, sono molto rigoroso.
È cosi gli ispettori Michelin l'hanno sempre premiata. Si, uno dei criteri della Michelin è sicuramente questo. A me non piace stupire, mi piacciono gli ingredienti giusti abbinati bene e dove la materia prima sia ancora riconoscibile. Questi sono alcuni dei criteri della guida, ma in fondo io cucino per i nostri clienti che tornano, e questi sono grandi piaceri. La Michelin mi hanno dato molte stelle in diversi ristoranti che sono un risultato e una conferma di un lavoro, ma un ispettore viene due volte l’anno mentre alcuni clienti vengono anche una volta a settimana e ovviamente questi sono le soddisfazioni più belle.
Intuisco che non si fermerà qui allora, ha altre aperture in vista? Ho appena cominciato un progetto nei Castelli Romani a Monte Porzio Catone in un’azienda vinicola, si chiama Poggio le volpi, aperta da pochissimo. Il ristorante è all’interno di una barriccaia dove la proprietà ha investito per ottenere un altissimo livello e ho proposto una cucina con materie più costose come il caviale o il foie gras. Al momento ho anche consulenze da Toronto al Bahrein quindi diciamo che sono abbastanza impegnato.